Ricerca di persone disperse: come lavorano insieme cani e squadre a terra
- Giuseppe Muscatello
- 22 ott
- Tempo di lettura: 4 min

Dal testimone d’odore al rastrellamento: analisi operativa e metodo di intervento
Quando una persona risulta dispersa, ogni istante diventa prezioso.Dietro a una ricerca efficace non c’è improvvisazione, ma organizzazione, metodo e cooperazione tra più componenti del sistema di Protezione Civile. Forze dell’Ordine, Vigili del Fuoco, Prefettura, unità cinofile e volontari devono muoversi come un unico organismo, ciascuno con ruoli ben definiti e nel pieno rispetto delle procedure. La ricerca di una persona dispersa è, a tutti gli effetti, un’emergenza complessa, in cui la precisione e il coordinamento possono fare la differenza tra successo e fallimento.
Il punto di partenza: il testimone d’odore
Il testimone d’odore è il primo, fondamentale anello della catena operativa. Si tratta di un oggetto o indumento appartenente alla persona dispersa, sul quale rimane impresso il suo odore individuale. È il riferimento che permette al cane da ricerca di “riconoscere” la traccia olfattiva e seguirla. Gli oggetti più utili sono quelli ad uso esclusivo e non condivisi con altri: un cuscino, una maglietta, un indumento intimo, il volante dell’auto o l’interno di un guanto.Per la validità del testimone d’odore valgono alcune regole essenziali:
l’oggetto deve essere raccolto con guanti puliti e inserito in un contenitore sigillato, evitando contaminazioni;
la zona di prelievo deve essere isolata: niente passaggi inutili, curiosi o volontari non addestrati;
non si devono spostare auto o oggetti personali fino all’arrivo dei cinofili;
ogni attività deve essere documentata, indicando ora, luogo e nome di chi ha effettuato la raccolta.
Contaminare una scena, anche solo spostando un veicolo o un capo d’abbigliamento, significa compromettere irrimediabilmente la possibilità di fornire al cane un riferimento olfattivo affidabile.
l ruolo delle unità cinofile come lavorano insieme cani
Le unità cinofile da ricerca e soccorso sono tra le prime ad entrare in azione.Guidate da un conduttore addestrato, i cani operano seguendo due modalità principali:
Ricerca molecolare o su pista: il cane segue la traccia olfattiva specifica del disperso, grazie al testimone d’odore;
Ricerca in superficie: il cane lavora a “cono d’odore”, intercettando molecole disperse nell’aria, senza bisogno di un riferimento olfattivo preciso.
Il conduttore, durante l’attività, osserva attentamente il comportamento del cane: postura, andatura, direzione e segnali corporei forniscono indicazioni preziose sulla presenza o meno di una traccia.È un lavoro di grande concentrazione, silenzioso e tecnico: l’ambiente deve rimanere tranquillo, privo di rumori inutili e movimenti disordinati.
Anche nelle esercitazioni, dove spesso il terreno è già calpestato o “inquinato”, l’obiettivo resta quello di valutare le capacità operative e la sinergia tra cani, conduttori e squadre di supporto.
Le squadre a terra: rastrellamento e ricerca visiva
Le squadre a terra rappresentano la colonna portante delle operazioni.Entrano in azione subito dopo i cinofili, mantenendo una distanza di sicurezza di circa 50 metri per evitare di disturbare il lavoro del cane. Il loro compito è quello di controllare la zona già esplorata, raccogliere indizi e coprire sistematicamente il terreno.
La ricerca avviene in modalità a pettine, cioè in linea, con una distanza consigliata di 3 metri tra un volontario e l’altro (meno se il numero di operatori lo consente).Ogni componente deve muoversi in modo ordinato e concentrato, osservando a terra e comunicando immediatamente qualsiasi segnale o oggetto anomalo.
Le regole fondamentali:
mantenere la linea di ricerca senza sorpassare o arretrare;
non isolarsi mai dal gruppo;
segnalare via radio qualsiasi ritrovamento o anomalia;
lasciare segni di riferimento per evitare aree già battute;
coordinarsi costantemente con il responsabile di squadra.
Il rastrellamento è un’attività che richiede disciplina e spirito di squadra, ma anche attenzione al dettaglio: a volte basta un piccolo oggetto – un documento, una traccia di fango, un segno di trascinamento – per cambiare completamente la direzione delle ricerche.
Coordinamento, ruoli e comunicazioni
Ogni ricerca deve avere una struttura di comando chiara:
Il Coordinatore delle ricerche (COR) – di norma il Comandante della Stazione dei Carabinieri – dirige le operazioni nella prima fase e nelle aree antropizzate.
Quando la ricerca si sposta in ambiente naturale, la direzione passa ai Vigili del Fuoco, che istituiscono il Posto di Comando Avanzato (PCA).
Le Sale Operative – locali, regionali e nazionali – assicurano il raccordo con la Prefettura, la gestione delle risorse e la tracciabilità delle comunicazioni.
Le radio rappresentano il principale strumento di collegamento.Prima dell’attività operativa è necessario definire i canali dedicati, le parole chiave e le modalità di comunicazione.
Il linguaggio radio deve essere:
breve e chiaro;
privo di termini ambigui o sovrapposizioni di voce;
regolato da turni di parola, sempre sotto la supervisione del caposquadra o del coordinatore radio.
La gestione delle comunicazioni è parte integrante del sistema di sicurezza: serve non solo per trasmettere informazioni operative, ma anche per monitorare la posizione e il benessere dei volontari sul campo.
Il briefing: la fase che decide tutto
Ogni operazione inizia prima di uscire. Il briefing operativo è il momento in cui si definiscono ruoli, obiettivi e regole di comportamento.È qui che si costruisce l’efficacia dell’intervento.
Un briefing ben condotto deve sempre prevedere:
la presentazione dell’area di ricerca (mappe, punti di accesso, rischi presenti);
la ripartizione delle squadre con nominativi e ruoli;
l’assegnazione delle frequenze radio e codici di chiamata;
l’indicazione dei DPI obbligatori;
le regole di sicurezza (meteo, visibilità, orografia, fauna);
i tempi di lavoro e di rotazione;
il punto e l’orario di rientro/debriefing.
Solo dopo il briefing si passa alla fase di attivazione formale e al trasferimento verso l’area di ricerca.
Debriefing e chiusura in positività
Ogni ricerca, reale o simulata, deve concludersi con un debriefing strutturato. È un momento di analisi, confronto e crescita collettiva. Si valutano:
i tempi di attivazione;
l’efficacia del coordinamento;
l’uso corretto dei canali radio;
le eventuali criticità emerse;
il comportamento delle unità cinofile e delle squadre a terra.
Per le unità cinofile è importante chiudere in positività: il cane deve terminare l’attività con un rinforzo positivo, così da consolidare la sua motivazione e associare la ricerca a un esito gratificante.Lo stesso principio vale per le persone: un debriefing ben gestito crea fiducia, rafforza la coesione e migliora la prontezza in future emergenze.
La cultura della collaborazione
In una ricerca di persona dispersa non esiste competizione, ma collaborazione. Ogni squadra, ogni organizzazione e ogni volontario rappresentano un tassello dello stesso sistema. L’obiettivo comune è uno solo: ritrovare la persona e riportarla in sicurezza.
La collaborazione tra enti e associazioni è un valore strategico, che va coltivato con fiducia reciproca, comunicazione costante e rispetto dei ruoli.Lavorare “insieme e non accanto” significa essere parte di un sistema efficiente, capace di reagire con rapidità e metodo in situazioni reali di emergenza.







