Fake News: un virus che uccide
- Giuseppe Muscatello
- 18 mag 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Mentre si sta operando nell’attuale emergenza, la rivoluzione dell’informazione digitale ha comportato un’importante evoluzione nel settore della comunicazione ma ha anche generato ombre e problematiche.

L’avvento della rivoluzione digitale ha comportato un’importante evoluzione nel settore della comunicazione: maggiore velocità, maggiore mole di informazioni, la possibilità per chiunque di commentare le notizie, fruibili in qualunque parte del mondo.
L’informazione sul web appare così ad oggi disintermediarizzata, fluida, ma per altri versi abbastanza omogenea all’apparenza, rendendo talvolta difficile distinguere le fonti in base alla loro autorevolezza.
Questa rivoluzione dell’informazione digitale ha però generato notevoli ombre e problematiche.
In questi giorni, in cui le nostre società stanno vivendo emergenze prima immaginabili, l’ondata di fake news che ha investito la comunicazione internet costituisce una minaccia reale per il peso che la disinformazione può esercitare sia sulla salute dei cittadini che sulle stesse istituzioni nazionali e sovranzazionali.
Si è recentemente giunti a campagne di notizie inaccurate “suscettibili di porre in pericolo la salute degli utenti in quanto induttivi di una sottovalutazione dei rischi potenziali del virus”, diffuse nell’ambito della promozione di farmaci o integratori o di pretese terapie o diete. Inoltre, si sono diffuse teorie complottiste miranti ad attribuire responsabilità attinenti alla origine o agli sviluppi delle epidemie. L’esito è che si è giunti a dover analizzare l’impatto della circolazione delle false notizie sulla diffusione dei virus ed a parlare di ‘”infodemia”, ovvero la diffusione straordinaria ed eccessiva di informazioni, alcune non sempre corrette e accurate, che ha reso difficile per le persone trovare fonti attendibili e una guida affidabile quando ne hanno bisogno e, spesso, li hanno indotti a sottovalutare rischi reali.
Le problematiche connesse alla comunicazione sul web hanno infatti un impatto notevole sia sui diritti soggettivi individuali, che su quelli collettivi, come la sicurezza, l’ordine pubblico e la pacifica convivenza. Partendo da queste osservazioni anche la dottrina giuridica ha iniziato a muovere le proprie considerazioni, specie in tema di bilanciamento di diritti.
Uno dei principali temi, o problemi, connessi a questa visione è proprio quello delle cd. fake news. Il tema suscita particolare allarme sociale, poiché la loro diffusione avviene attraverso strumenti automatizzati e piattaforme di social media, riuscendo così ad influenzare l’informazione e l’opinione individuale, oltre che a condizionare significativamente i processi decisionali collettivi.
Il trattamento giuridico delle fake news presenta però aperto una serie non trascurabile di problematiche.
Già sotto un profilo definitorio si creano notevoli dubbi. La definizione di fake news non sembra raccogliere unanimità né sotto un profilo oggettivo, né soggettivo. Sul punto, Il Code of Practice on Disinformation della Commissione Europea fornisce una definizione di “fake news” sufficientemente chiara ed esaustiva, per cui tale definizione pare quindi muovere dal concetto di “notizia”, limitando poi il proprio ambito di applicazione ad ipotesi non interessate da norme comunitarie e costituzionali. Inoltre, la definizione citata non fa alcun riferimento all’eventuale causazione di un danno da parte della notizia, mentre fa espresso riferimento alla necessità che la notizia debba essere propagata o per un guadagno economico o, deliberatamente, per fini decettivi.
Il problema definitorio è certamente legato alle particolari modalità di creazione e diffusione delle fake news, nonché all’individuazione dei loro responsabili. In tal senso, senza pretesa di esaustività, sono principalmente due i metodi di diffusione delle fake news. Il primo è il cd. click baiting, cioè la pubblicazione di notizie false con foto e titoli sensazionalistici volti a incuriosire l’utente, ovvero pubblicando anteprime di video dal contenuto differente rispetto a quello realmente presente nell’articolo. Lo scopo è quello di attirare clic sulle proprie pagine, incoraggiarne la condivisione sui social, guadagnando così con gli annunci online e lasciando cookies o malware sui devices degli utenti ignari. Spesso il sistema viene usato come esca per le “bufale”, diffuse in modo anche ignaro e volte ad orientare le opinioni degli utenti. Il secondo è il cd. astroturfing, che si attua distribuendo strategicamente una notizia specifica attraverso una varietà di fonti (come robot) per dare l’impressione che numerose di esse stiano discutendo l’articolo. Queste pratiche hanno effetti rilevanti: diffondo disinformazione, manipolano elementi facendo apparire le notizie false di maggiore tendenza rispetto alla controparte reale, creano “l’illusione della maggioranza” e “l’illusione della conoscenza”, il tutto con finalità di lucro, propaganda o simili.
A ciò si unisce la difficoltà nell’individuare i reali responsabili delle fake news. Queste possono infatti essere originate sia da utenti reali che da robot, i quali sfruttano la profilazione degli utenti variamente effettuate dagli algoritmi per influenzare singoli e gruppi di utenti, profilazione che peraltro permette una previa selezione dei soggetti a cui indirizzare la notizia. Inoltre, le fake news beneficeranno per la loro diffusione di una terza categoria di soggetti: gli individui che, consapevolmente o meno, le diffonderanno. Va quindi ribadito lo stretto rapporto che esiste tra privacy, protezione dei dati personali e fake news, disinformazione che viene specificamente indirizzata agli utenti in base alle loro preferenze (rilevabili dai loro dati personali).







